Il secondo titolo che abbiamo scelto di proporvi per la nostra rubrica sulle letture sostenibili è un saggio di Jonathan Safran Foer: “Possiamo salvare il mondo, prima di cena. Perchè il clima siamo noi.“.
Lo scrittore statunitense, che già aveva affrontato tematiche ambientaliste nel suo libro “Se niente importa“- in cui descriveva l’impatto ambientale degli allevamenti intensivi e spiegava la sua scelta di diventare vegano – torna a parlare della crisi climatica e di come questa necessiti un’urgente cambiamento da parte di tutti.
E’ un libro corposo, fitto di informazioni (con ben 30 pagine di bibliografia riportano tutti i riferimenti a ricerche scientifiche, report, indagini governative, … ), ma l’abilità narrativa di Foer ne rende la lettura piacevole al pari di un romanzo.
Attivista ebreo, Foer si interroga su quale sia il modo migliore per innestare un cambiamento nelle persone: gli effetti della crisi climatica sono sotto gli occhi di tutti, e tutti ne stiamo pagando le conseguenze a caro prezzo; eppure facciamo fatica a cambiare le nostre abitudini. Non serve una superforza per fare “grandi cose”, per salvare il pianeta e tutti noi, serve un movimento collettivo come quando tutti ci si sposta per far passare un’autoambulanza (se il ferito ha salva la vita lo si deve anche da questo comportamento collettivo ormai diventato abituale per tutti!). Serve una consapevolezza che ognuno deve fare la propria parte, come quando in tempi di guerra a chi non era al fronte a combattere si chiedeva di combattere a casa, spegnendo le luci per risparmiare elettricità, riducendo la velocità delle auto a 50 km/h per risparmiare carburante, razionando il cibo, e così via.
Foer, con dati alla mano dimostra che per un vero cambiamento che possa giovare al clima e contrastare il cambiamento climatico non serve acquistare auto elettriche (che tra le altre cose necessitano dell’estrazione del litio per le batterie, risorsa limitata sulla terra). Anzi, l’acquisto di pannelli solari o auto elettriche, dice lo scrittore, potrebbe indurci a sentirci con la coscienza a posto – “noi la nostra parte l’abbiamo fatta!”. Ma in realtà il radicale cambiamento che potrebbe davvero cambiare le cose è cambiare le nostre abitudini alimentari.
L’allevamento intensivo di carne è una delle principali cause del cambiamento climatico.
“A livello globale l’umanità sfrutta il 59% di tutta la terra coltivabile per crescere foraggio per bestiame…
Il 60% di tutti i mammiferi presenti sulla Terra sono animali allevati a scopi alimentari. Sul pianeta ci sono all’incirca trenta animali allevati per ogni essere umano.“
La crescita demografica estrema – “Ci sono voluti duecentomila anni perché la popolazione umana raggiungesse un miliardo, ma altri duecento soltanto perché arrivasse a sette miliardi. Ogni giorno nascono trecentosessantamila persone, che equivalgono all’incirca alla popolazione di Firenze.” – e la nostra alimentazione basata su animali (e derivati) ha fatto crescere a livello esponenziale l’allevamento intensivo. L’impatto sul clima degli allevamenti intensivi è devastante: non solo perché sono la prima causa del disboscamento delle foreste (polmoni della terra), ma anche per produzione di metano e non ultimi le emissioni di inquinanti ed il consumo di energia causati dalla lavorazione e produzione. Per far comprendere quanto la crescita demografica abbia inciso sulla richiesta di carne e derivati, l’autore ci segnala che “Per eguagliare l’attuale livello di consumo di carne e latte, ogni abitante del pianeta nel 1700 avrebbe dovuto mangiare 430 chili di carne e bere 4500 litri di latte al giorno“.
Oltre all’impatto sul clima c’è anche quello sulla salute: ormai ampiamente dimostrato che il consumo eccessivo di carne è dannoso per il sistema circolatorio e riduce notevolmente le aspettative di vita.
Eppure l’abitudine di bere latte la mattina o mangiare carne in una grigliata con gli amici è così radicata nella nostra cultura che facciamo fatica a privarcene. Foer stesso, vegano ormai da anni, confessa di aver ceduto ogni tanto ed aver mangiato un hamburger perché ne sentiva la mancanza. Ne esce un divertente confronto tra l’autore e la sua coscienza.
Ma per ridurre drasticamente l’impatto sul clima, non è necessario che tutti diventiamo vegani, basterebbe – dice l’autore – non mangiare cibi a base animale per due pasti su tre: “possiamo salvare il mondo, prima di cena“, appunto, mangiando ad esempio carne o formaggi solo a cena! Non serve togliere certi alimenti, basta ridurne il consumo, e soprattutto quando si scelgono questi alimenti prediligere allevamenti locali, bio e sostenibili.
Ne gioverebbe la nostra salute, ma ancora di più il pianeta!